Introduzione - "Similimente, quando ci fu noto / monte Galganeo, là dov’è
Sant’Agnolo, / in fino a lui non mi parve ire in voto. / Con lo studio che fa la
tela il ragnolo, ci studiavam per quel cammino alpestro / e passavam or questo
or quel rigagnolo.
Così Fazio degli Uberti, nel suo "Dittamondo", ricorda il
suo pellegrinaggio a Monte Sant’ Angelo e al suo santuario dedicato a S. Michele
Arcangelo. Il poeta toscano ricorda, anche, il percorso montano per
raggiungerlo, non certo agevole lungo le impervie vie del Gargano. Il
pellegrinaggio al santuario di San Michele, per venerare l’impronta lasciata
sulla roccia dall’Arcangelo, si perde nella notte dei tempi. Di certo c’è che
l’edificio, sorto sulla grotta dove più volte apparì, a più di 1500 anni,
risalendo al IV secolo. Il suo periodo di massimo fulgore lo conobbe durante la
dominazione longobarda, periodo in cui fu innalzato a vero e proprio luogo di
culto nazionale. Per i Longobardi, infatti, la figura dell’Arcangelo richiamava
quella delle antiche divinità germaniche. Per questo fu scelta una via
preferenziale per portare le genti in pellegrinaggio alla grotta, pista che
divenne la Via Sacra dei Longobardi.
Descrizione
- Ancora oggi si può seguire il tracciato
della Via Sacra in auto, visto che, ormai, l'antico percorso è tutto asfaltato (coincide grossomodo con la statale n. 272).
Ugualmente
racchiude molti motivi di interesse. Molti sono, infatti, i richiami storici e
religiosi lungo l’antica via. La strada ha inizio da S. Severo e tocca prima il
Santuario della Madonna di Stignano, del XVI secolo, poi S. Marco in Lamis, le
cui
vie cittadine vengono attraversate nella settimana pasquale dalla Madonna
Addolorata, grande statua della Vergine portata a spalla dai fedeli. Quindi è la
volta del convento di S. Matteo in Lamis, voluto dai Longobardi, e dell’antico
centro di S. Giovanni Rotondo, famoso per il suo stretto legame con Padre Pio.
Da non perdere la tradizionale "Sfilata degli Schiavoni" che si tiene in gennaio. Prima di giungere a Monte Sant’Angelo vuol
però fare sfoggio di se anche la natura. Ecco quindi la Grava di Campolato,
sulla destra della strada, la più profonda cavità del Gargano, che scende a -300
metri e poi le fresche latifoglie dei boschi che scendono dal Monte Spigno.
Infine la visita al panoramico centro di Monte Sant’Angelo, l’abitato più alto
del Gargano, di cui rimane impresso il quartiere Junno con la tipica
disposizione a schiera delle case.