Le
Foreste Casentinesi, la Foresta di Campigna e il Monte Falterona rappresentano una vasta
area, protetta dal 1990 con il vincolo di parco nazionale, che si estende per più di
36.000 ettari risalendo dalla valle dellArno fino al crinale appenninico per poi
discendere in Romagna includendo, grossomodo, quello che un tempo era il Parco Regionale
del Crinale Romagnolo.
Un
parco, quindi, per una foresta. Per il "cuore" di questa, i complessi botanici
di Camaldoli e Badia Prataglia, ma anche per tutti gli altri suoi "organi", primo fra
tutti Sasso Fratino, riserva integrale a cui non si può accedere se non con permessi e
dove il bosco è lasciato sviluppare in modo totalmente naturale. Poi Campigna, Vitrignesi
(nei pressi del Passo della Calla, sul versante Toscano), Lama, Corniolo (nei pressi
dellomonimo paese), Alpe di San Benedetto (crinale appenninico tra il Monte Lavane e
il Monte Falterona), La Verna. Dappertutto sono due le specie forestali più importanti:
labete bianco, che naturalmente cresce associato al faggio, e il faggio stesso, allo
stato puro, che forma alte e imponenti fustaie. Labete bianco, in alcune zone,
sembra aver preso il sopravvento formando vere e proprie abetine, ma questo è dovuto non a cause naturali ma ai
monaci camaldolesi che preferivano, dove era possibile, impiantare questa specie perché
di maggior pregio commerciale. Qua e la, poi, spuntano essenze non autoctone, come ad
esempio il cedro, importate in foresta durante il grande riordino boschivo che fece
nell800 Karl Simon per conto del Granduca Leopoldo II. Ma dire che il parco è solo
la foresta è sicuramente riduttivo: cè anche, per prima cosa, lacqua. Mille rivoli che scendono dal crinale
e che, sul versante romagnolo, spesso precipitano dagli stratificati salti di arenaria. Il
più delle volte questi sono belli ma di modeste dimensioni, altri magnifici e di
lunghezza maggiore, con più salti in successione (come la Cascata Scalandrini, nella
Riserva della Lama), altri ancora grandiosi e celebri, come nel caso delle Cascate
dell'Acquacheta, raggiungibile da S. Benedetto in Alpe con un percorso che definire
classico è poco, essendo ormai una specie di "autostrada" escursionistica.
Molti dei rivoli di Romagna confluiscono poi nel Lago di Ridracoli, un enorme bacino
idrico che ha sconvolto, direttamente o indirettamente, gli ecosistemi di più di una
valle ma che ormai esiste e che quindi può ben essere sfruttato come attrattiva
turistica. Laltro punti di forza è la fauna selvatica, con in testa gli ungulati:
se ormai è quasi dobbligo lincontro allalba con il capriolo o il
cinghiale, meno facile è osservare il cervo, il daino o il muflone. Nel complesso questi
animali si erano, forse, riprodotti troppo, raggiungendo numeri al limite della capacità
portante delle foreste. Larrivo del lupo (di cui ne sono stati censiti 20 esemplari
ma che, a nostro parere, è presente con una popolazione più numerosa), loro predatore
naturale, ne ha ridimensionato il numero. Tutto questo con laiuto del grande
predatore dei cieli, laquila reale, che nidifica tra le rupi arenacee dei monti più
impervi. Come sempre accade nelle zone appenniniche anche luomo, con le sue opere,
ha contribuito non poco ad elevare architettonicamente e storicamente il parco. Di
Camaldoli e della Verna tanto è già stato scritto; pochi, invece, conoscono
lAbbazia di S. Benedetto in Alpe, in parte da recuperare, o della solitaria chiesa
montana di Pietrapazza, nellomonima vallata del Bidente, interessante meta di
escursioni, o del nascosto, semidistrutto Eremo dei Romiti, sopra lAcquacheta, un
tempo abbazia Vallombrosiana oggi trasformato in stalla. Così come pochi sanno che
vallate e crinali, sia toscani che romagnoli, da sempre sono stati permanentemente
abitati, anche alle quote più alte. Da ricordare, a tal proposito, gli antichi, minuscoli
centri di crinale della Romagna, di cui vogliamo citarne due, S. Paolo in Alpe e Casanuova
dellAlpe, entrambe raggiungibili da Ridracoli con le antiche mulattiere oggi
segnalate.
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