La Flaminia Minor, storia di una strada romana

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cartagalgano_small.GIF (1909 byte) lo sviluppo della strada

La storia delle strade transappenniniche romane è, il più delle volte, abbastanza lacunosa. Soprattutto per ciò che riguarda i tratti strettamente montani sono pochi, infatti, i resoconti di geografi e scrittori latini così come non sono molto frequenti i toponimi che possono aiutare nell’identificazione dei luoghi toccati. Ecco quindi che gli studiosi, dopo anni di attenti esami, giungono a volte a pareri discordi circa il tracciato montano di una strada creando, intorno a questa, un alone di leggenda.

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Così è stato per la Flaminia Minor, o Flaminia Militare, la via di collegamento tra Arezzo e Bologna. Ma veniamo ai fatti storici documentati. Dopo aver vinto e soggiogato i Galli e i Liguri i consoli Emilio Lepido e Gaio Flaminio diedero il via ai collegamenti tra le loro tradizionali piazzeforti di Rimini e Arezzo con

Sulla Flaminia Minor al Sasso della Mantesca

Piacenza e Bologna.

Nel primo caso nasceva la Via Emilia, destinata a rimanere, fino ai giorni nostri,  il principale asse viario tra il Po e l’Appennino.

Nel secondo caso veniva realizzata la Flaminia Minor, voluta appunto da Gaio Flaminio. Del suo tracciato poco o niente si sa; si può dire, infatti, che le uniche certezze sono le città che collegava, Arezzo e Bologna. Sicuramente, come spesso accade, la via non andò mai in completo abbandono ma fu utilizzata anche in seguito, nel periodo medievale. Questo dovrebbe restringere il campo, visto che in quel periodo due erano le strade che, uscite da Bologna, risalivano l’Appennino in

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direzione Firenze e Arezzo.

Sulla Flaminia Minor verso l'Osteria Bruciata

La prima utilizzava il crinale tra i torrenti Savena e Setta raggiungendo il Passo della Futa.La seconda si serviva dello spartiacque tra l’Idice e il Sillaro arrivando, preferibilmente, al Passo dell’Osteria Bruciata.

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Passo per il quale, secondo alcuni studiosi, sarebbe addirittura passato Annibale durante la Seconda Guerra Punica. Più certe le prove ritrovate lungo il crinale tra l’Idice e il Sillaro, che fanno leva su alcuni toponimi di origine romana (ad esempio Migliarina, nelle vicinanze di Monterenzio Vecchio, deriverebbe il nome dai famosi cippi miliari).  La via ebbe grande importanza nei decenni a cavallo del XII e XIV secolo quando si andò affermando come asse principale della viabilità

Il Passo dell'Osteria Bruciata

italiana. A partire dal 1200 la

tradizionale   strada di Monte Bardone, per il Passo della Cisa (il tracciato più antico della Via Francigena), passò infatti in secondo piano e i pellegrini che dal nord Europa si recavano a Roma preferivano proseguire lungo la Via Emilia fino a Bologna e qui immettersi sulla via per il Passo dell’Osteria Bruciata per poi scendere a Firenze. La città toscana, infatti, attirava ormai la maggior parte del traffico transappeninico andando ad affermarsi come importante centro economico e finanziario.

Ciò è confermato dagli Annales Stadenses auctore Alberto, risalenti alla metà del 1200, in cui è riportata come via fondamentale da Florentiam (Firenze) per Bononiam (Bologna) quella passante per St. Agatha (Sant’Agata di Mugello) e per Recorniclam (Cornacchiaia). Le due stazioni immediatamente a ridosso  dell’Appennino erano quindi

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Cornacchiaia,    fortificata con una

Il "vulcanico" Sasso di San Zenobi

rocca e da quattro castelli, e Sant’Agata, borgo munito fiorentino, con la magnifica pieve romanica eretta prima del 1000. A Cornacchiaia, probabilmente, il viandante poteva scegliere se raggiungere   il Passo della Futa e scendere così a Bologna con la Strada degli Dei  oppure risalire  al Passo della Raticosa per Le Valli e Pietramala ed immettersi così  sul crinale. Da qui, passando per alcuni punti di ricovero come Spedaletto (da notare il toponimo che ne illustra la storica funzione) e Bersedola e piccoli centri ricchi di storia come Monterenzio Vecchio, Migliarina e Settefonti, raggiungeva la pianura nei pressi di Bologna. In tutto questo tratto di crinale la strada è ricordata con il nome di Via Flamenga, cosa che avvalora la tesi di chi vuol vedere in questo tracciato la ben più antica Flaminia Minor.

La Flaminia Minor è ampiamente utilizzata negli itinerari proposti, in tutto il tratto di crinale tra Monterenzio Vecchio e Settefonti.

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